Katarte / Le maschere grottesche di James Ensor
La disperazione di Pierrot, 1892 (part.)
Biglietti non disponibili
25febbraio – 25 maggio 2014
A James Ensor (1860 – 1949) artista belga, è dedicata una retrospettiva con 50 dipinti e altrettanti disegni e stampe tutta incentrata sulle sue maschere, fantasmi, scheletri e altri oscuri personaggi che si confrontano in situazioni strampalate: ironico, eccentrico, fantasioso, spesso litigioso, ma anche con un appassionato senso dell’umorismo. Ai primordi del XX secolo il suo impeto creativo e l’estremo allontanamento dal prototipo di bellezza della storia dell’arte europea hanno ispirato artisti della levatura di Paul Klee, Alfred Kubin, e gli espressionisti tedeschi Emil Nolde e Ernst Ludwig Kirchner.
La mostra racconta la storia di Ensor dall’ inizio tenebroso tipico delle prime opere come “Il carro per la balneazione” del 1876 , o il “Pomeriggio a Ostenda” , del 1881 per accostarsi ben presto alla pittura impressionista come nel quadro “La mangiatrice di ostriche “ stracolmo di colori.
Trascorse gran parte della vita nella sua città natale, producendo opere che furono tra le manifestazioni più significative del periodo e lo posero al centro della cultura del tempo. Nel 1877 si iscrisse all’Accademia di Bruxelles, dove rimase fino al 1880, entrando in contatto con gli ambienti sovversivi e intellettuali della città, e dove nel 1881 tenne la prima mostra personale. Dal 1885 Ensor si rivolse verso i temi e gli stili dell’avanguardia, rielaborando l’uso del colore brillante degli impressionisti e la goffa fantasticheria dei primi maestri fiamminghi come Hieronymus Bosch e Pieter Bruegel il Vecchio. Si avvicinò così al decadentismo e al simbolismo, dando un’impronta decisiva nella rinascita dell’arte belga e anticipando le tendenze dei fauves e dell’espressionismo.
Il distacco della natura alimenta nell’artista il confronto tra questa e l’uomo e la propensione al richiamo metaforico dell’arte post-impressionista. La trasformazione della realtà si concentra su un lessico fatto di colori limpidi e irritanti, con colpi di pennello troncati che incrementano l’effetto rabbioso dei suoi soggetti. Elementi minacciosi come spettri, demoni e maschere sono usati per beffeggiare i caratteri della borghesia. L’atavica effigie della morte si eclissa dietro raccapriccianti maschere, cariche di simboli sfuggenti e morbosi. La vena grottesca è una spirale senza fine, oscillando tra scherno e apprensione in un tormento che si confonde con il mondo reale.
Per Ensor le maschere sono quasi dei volti e delle persone; lui si dipinge al centro di un’umanità strana, anche spaventosa, mascherata, che non ha coraggio di mostrare il suo vero volto. Rappresenta uno sfavillio di colori, di strane espressioni. I volti attorno al pittore sono tanti: ci sono donne con bocche esageratamente larghe, mostri, volti enormi e quasi animaleschi. I colori sono vivi e sgargianti, proprio come piace a Ensor: sembra quasi che rappresentino una festa dagli strani invitati. L’unico volto serio è quello del pittore stesso, che si guarda attorno e sembra alla ricerca di ciò che è autentico.
Ritraendo gli individui come clown o scheletri, sostituendo le loro facce con maschere di carnevale, Ensor rappresentò la parte dell’umanità che più lo disgustava come insignificante, inconsistente e ributtante. L’attrazione per il bizzarro, utopistico, contraddittorio e talvolta strambo e orripilante lo ha accompagnato per tutta la vita. James Ensor non è stato solo un colorista di eccezionale talento, ma anche uno dei più disincantati pittori del 19° secolo. La sua quasi purezza pittorica appariva dal modo virtuoso in cui usava i colori con la spatola. Inoltre, nessuno ha analizzato la luce come fonte di gioco e inganno come Ensor, praticando un metodo creativo nei suoi disegni e schizzi, in cui gli esperimenti di luce erano esageratamente surreali.
Le sue opere erano spesso rifiutate alle esposizioni più importanti per la loro eccentricità, e per questo James Ensor non aderì laboriosamente ai movimenti culturali del suo tempo; si limitò a pubblicare spesso alcuni scritti rabbiosamente polemici verso la critica ufficiale. Molto vasta è stata anche la sua produzione di incisioni e disegni con paesaggi e scene della vita quotidiana: anche in queste opere l’interporsi tra sogno e realtà anticipa di molto il surrealismo. Con il nuovo secolo i critici rivalutarono ed apprezzarono il suo stile, ma la sua vena artistica aveva ormai perso quella carica aggressiva, ironica e fantastica che ne aveva costituito il carattere più originale.
che ne aveva costituito il carattere più originale.
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