Katarte / Magica Roma sedotta dagli Impressionisti del Museo d’Orsay di Parigi
Edgard Degas. Ballerine che salgono la scala, 1870 ca.
Biglietti non disponibili
Dal 22 febbraio all’8 giugno 2014
La grande arte francese del XIX e XX secolo debutta a Roma con “Musée d’Orsay. Capolavori”, galleria di oltre 60 opere che per la prima volta porta nella capitale la collezione del museo parigino, tra i più importanti dell’intera Francia Si può ammirare la grazia della Diana senza veli di Elie Delaunay. L’ira dell’Assalone di Alexandre Cabanel che chiede vendetta per la sorella Tamara. Le vedute di campagna di Camille Corot e Paul Cezanne e la Senna che scorre lenta con Camille Pissarro. E poi il tripudio della femminilità tra le ballerine di Degas e le fanciulle di Gauguin, i Monet carichi di vele e fiori, l’Italiana di Van Gogh, i Manet, Seraut.
Una sfilata di capolavori, presentati in cinque sezioni tematiche in ordine cronologico per un racconto che parte nel 1848 e confluisce nel 1914. Sono i 65 anni rappresentati nel museo d’Orsay, che affermano con caparbietà lo sforzo di volontà da parte di alcuni artisti per l’affermazione totale di un movimento a lungo avversato. La prima è dedicata all’arte dei Salon, sontuosi nudi femminili accademici posti in contrasto con il realismo di Courbet.
La seconda sezione si fonda sui primi studi sulla luce “en plein air” della Scuola di Barbizon, dal nome del villaggio a sud di Parigi. La terza sezione si apre con la rappresentazione della vita contemporanea. Pissarro guarda la Senna e il Louvre, Monet gli scaricatori di carbone, Degas ci rappresenta le sue trasfigurate ballerine e Manet ci offre nel ritratto di Berthe Morisot l’immagine di una donna calda e gelida col mazzo di violette, pennellate in colpi veloci e piene, mentre Renoir interpreta due giovanette al pianoforte nei colori rossi e verdi a lui consueti, così “sensuali”. Poi si arriva allo studio impressionista della luce ed ecco sfilare le opere di Millet, di Tryon, di Sisley, Pissarro, Cézanne e Monet. La regina è la luce nelle sue infinite variazioni lungo tutto il giorno.
Ed infine, ci si inoltra verso le avanguardie del secolo ventesimo. Ancora il vecchio Monet che dipinge Vétheuil al tramonto nel 1900 e il suo giardino fiorito di ibis viola, una cascata di colore e di luce indistinta, una estasi cromatica ormai, il realismo è morto e sepolto. Ecco il tratteggio pulsante di Signac, l’ “Italienne “ nei colori solari di Van Gogh e il “Circo” di Seurat, vibrazione del tratto e del colore che è già pre-astrattismo. Fino al Gauguin de “Il pasto”, una primitiva visione polinesiana dalle tinte tropicali, che, condurranno alle tele pre-cubiste di Picasso.
Grande assente, Toulose-Lautrec, perchè, spiega il direttore Cogeval, “fa parte di collezioni personali, che non possiamo esportare”. C’è anche il “nostro” Giuseppe De Nittis, con la “Piazza delle Piramidi a Parigi”; o ancora Monet, che immortala, sulla Senna “Gli scaricatori di carbone”. Il Simbolismo sarà poi rappresentato dalla “Pianta verde in un’urna” di Odilon Redon, come da un “Ritratto di Félix Vallotton” opera di Edouard Vuillard.
Questi artisti pensavano di essere realisti ma finirono per diventare originali poeti della luce che faceva esplodere ciò che nasceva sulle tele. Osservare Sisley e il suo “Tempo di neve” dove il bianco-azzurro del pennello ci fa calpestare la soffice terra bianca sino a sentirne l’odore; il “Cortile di una fattoria” di Cézanne, con quelle tinte roventi e infiammate dell’estate; la celestiale visione di “Argenteuil di Monet”, trasparente come un pastello, estasi di un borgo che diventa nell’artista la quintessenza del mondo.
Senza l’Impressionismo l’arte contemporanea non sarebbe nata. Perdere la classicità, scoprire il moderno, e in particolare, senza Cézanne, che, spiegava già Giulio Carlo Argan, ne è senza dubbi il padre. L’Impressionismo nasceva in un mondo che cambiava molto più velocemente che nel passato, mentre la modernità bussava alle porte col suo carico di promesse, istanze sociali e politiche che avanzavano, anche con violenza. Senza la rivoluzione della luce l’arte sarebbe rimasta ferma al racconto storico e all’accademismo più inutile. E’ dall’insegnamento impressionista che le grandi rivoluzioni del ‘900 dall’astrattismo al cubismo, all’espressionismo assorbono l’anima infinita. I capolavori sono davvero tanti, ammiriamoli in devoto silenzio.
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