Katarte / Tina Modotti. La pasionaria della fotografia
Tina Modotti, attrice a Hollywood, anonimo,1920 - 21, (part)
Biglietti non disponibili
Fino al 5 ottobre 2014
L’esposizione, che gode del patrocinio del Comune di Torino, nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Torino Musei, l’associazione culturale Cinema Zero e la casa editrice Silvana Editoriale.
Tina Modotti, era nata a Udine nel 1896, per raggiungere il padre muratore emigrato a San Francisco, aveva attraversato l’Atlantico da sola, a diciassette anni. Dopo aver lavorato come attrice di teatro e di cinema in California, venne scelta come modella da Edward Weston, fotografo di Hollywood famoso per le sue pose disinibite e le fotografie dei suoi nudi, perché dotata di una bellezza straordinaria. Le si aprirono le porte del cinema e col ruolo di protagonista girò alcuni film muti, ma pur avendo avanti a sé un brillante avvenire, vi rinunciò per coltivare una delle sue passioni: la fotografia. Poi iniziò a dedicare sempre più tempo all’altra sua passione: l’attivismo politico. Era di orientamento comunista, fanatica e convinta. Proprio per ragioni politiche si trasferì nel Messico post-rivoluzionario degli anni venti.
Le prime immagini che realizza sono nature morte, composte da bicchieri di vino o da fiori e foto d’architettura e di arte popolare. Nei ritratti della stagione messicana l’indagine di concentra sul soggetto umano, volta a marcare la dimensione emotiva, mentre in seguito le foto assumono un carattere politico e sociale sempre più forte: cortei, ritratti di donne e di contadini, falce e martello, cartucciere, simboli politici. Una serie di ritratti e di foto “pubblicitarie” eseguite da amici e fotografi raccontano la Modotti donna, mentre gli scatti di Tina – dai “still life” dei primi anni fino alle foto di maggior impegno politico – documentano l’autorevolezza della sua fotografia. Anche grazie alle non comuni frequentazioni, come il pittore David Alfaro Siqueiros, Diego Rivera e Frida Kahlo (in mostra a Roma, vai all’articolo) diviene sempre più un’appassionata attivista e fotografa del Partito Comunista Messicano.
“Sempre, quando le parole “arte” e “artistico” vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo… Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente perché io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni.” (Tina Modotti, Sulla fotografia)
Le cento foto in mostra rivelano una grande attenzione e profonda sensibilità di Tina Modotti, una delle donne fotografe più celebri al mondo. Tra le più intense notiamo quella di Julio Antonio Mella sul letto di morte e Bambina che prende il latte, il famoso scatto della Marcia di Campesinos o la Donna di Tehuantepec. Una fotografia sempre ponderata e meditata, con bianchi e neri pastosi ma vari nelle tonalità intense, frutto di tentativi e lunghe meditazioni dove una consistenza carnale sboccia dal contrasto tra luce e ombra. Scatti magnifici, dei quali la Modotti non era mai appagata, in una incessante sfida alle diverse soluzioni fotografiche documentate anche nelle lettere, esposte in mostra, a Weston, maestro e amante in un lungo e sconfinato percorso artistico.
Stadio e Serbatoio n. 1 comprovano il minuzioso lavorio per carpire i volumi, esasperati da prospettive azzardate ma impeccabili, in antitesi con le delicate linee delle nature morte come El Manito o la celeberrima Calle, dove il gioco tra chiaro e scuro dona una vitalità agli still life. Fondamentale per completare la panoramica su questa artista eccezionale è poi la serie di suoi ritratti fatti dal compagno Edward Weston, dove la forza dirompente del corpo della Modotti ne dichiara anche la consapevolezza e la complicità a una precisa idea del “fare fotografia”, come testimoniano Tina che recita del 1924) e The White Iris del 1921, delineando una assoluta spontaneità dalle due parti dell’obiettivo.
L’artista scrive nel 1929 a Weston mandandogli un pacco di foto per il Berkeley Art Museum: “Caro Edward – certe volte sento che sarebbe più onesto da parte mia a rinunciare a tutte le pretese e non fare più fotografia, al di fuori del lavoro puramente commerciale dei ritratti. Tuttavia è un sacrificio e mi addolora soltanto pensarlo, così continuo ma i risultati non mi soddisfano mai”. Mentre da New York a Cambridge mostre e riconoscimenti esaltano la sua arte, Tina Modotti vive di poco, in piccole stanze spoglie. Si batte per la causa comunista, finché caduta a Madrid nelle mani dei franchisti, fa rotta verso l’America. Ma le autorità non la lasciano sbarcare; quindi ritorna in Messico sotto falso nome dove nel gennaio del 1942 la trovano morta a quarantasei anni, in un taxi. Una fine ancora avvolta nel mistero, dove alla tesi ufficiale dell’attacco di cuore si oppone a quella dell’avvelenamento. Di lei oggi restano i ritratti intensi, la giovane donna con una cartucciera in mano. Ma soprattutto ci sono le sue foto e le parole dell’amico Pablo Neruda, scolpite sulla sua tomba: “Tina Modotti, sorella, non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri, la rosa nuova. Riposa dolcemente, sorella”.
Link: palazzomadamatorino.it
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