Katarte / Il pittore della joie de vivre: Pierre Agust Renoir
Biglietti non disponibili
fino al 23 febbraio 2014
Rappresentare la bellezza, sorprendere con luce e colore, ritrarre la vita della propria epoca con un delicato realismo, sono elementi chiave della filosofia pittorica di Renoir, che ne fanno ancora oggi uno dei pittori più amati dal pubblico. La mostra di Torino vuole essere un omaggio alla sua arte e un’occasione irripetibile per ripercorrerne la vicenda artistica e umana, e permette di ammirare opere straordinarie, la maggior parte delle quali mai esposte in Italia. Nessun’altra collezione al mondo è in grado di offrire una dimostrazione più eclatante di quella che le opere del Musée d’Orsay e dell’Orangerie permettono di presentare a Torino.
Artista infaticabile, Pierre Auguste Renoir, dipinse oltre cinquemila opere in tutta la sua carriera anche quando una artrite reumatoide lo colpì a soli 50 anni. Renoir è tanti Renoir: è il ritrattista dei bambini e della bambine dell’alta borghesia e della nobiltà, è il cronachista della vie moderne e delle domeniche della borghesia lungo la Senna, è, insieme a Monet, l’artista dell’istante di luce, è il nostalgico di un ritorno a forme e bellezza neoclassiche sebbene con una inconfondibile cifra stilistica che lo portò al grande successo in vita. Renoir affermava: “Per me un quadro deve essere una cosa piacevole, allegra e bella, sì bella! Ci sono già troppe cose spiacevoli nella vita che non è il caso di crearne anche delle altre”.
La mostra suddivisa in nove sale invita a seguire Renoir attraverso i grandi temi che hanno attraversato la sua opera, dagli inizi nella Parigi degli anni sessanta dell’Ottocento, fino ai grandi nudi femminili degli ultimi anni, passando per i ritratti delle grisettes, le sartine di Montmartre, quelli dei suoi amici e familiari, i paesaggi e i fiori che celebrano la vitalità della natura, o ancora l’evocazione gioiosa e lirica dei balli e delle feste popolari. I capolavori qui raccolti testimoniano quanto Renoir fu un artista in perenne ricerca, sempre pronto a misurarsi con il nuovo; al tempo stesso, un impressionista che sconvolge le regole della rappresentazione, e un classico che ama la bella tradizione.
SALA 1 L’età della Boheme
Dopo un iniziale apprendistato come decoratore di porcellane, il giovane Pierre Agust frequenta l’École des Beaux-Arts (1862-1863) e l’atelier privato del pittore neo-greco Charles Gleyre (1806-1874). Nell’atelier di Gleyre, oltre a impratichirsi nel disegno e nella pittura dal vero, Renoir stringe amicizia con Sisley, Monet e Bazille; incontri determinanti ai quali vanno aggiunti quelli con Pissarro, Cézanne, Berthe Morisot e Degas. Questa nuova generazione di artisti assetati di fama – accomunati dalla profonda ammirazione per i predecessori: Delacroix, Corot, i paesaggisti della cosiddetta “scuola di Barbizon”, ma anche Courbet e Manet – aspira a diffondere un linguaggio artistico nuovo, ancorato alla vita moderna, e intende rinnovare soggetti e temi tradizionali tramite uno stile immediato e scevro da rifiniture accademiche.
In questa sezione sono riunite alcune delle opere più emblematiche di un’effervescenza creativa che sfocerà nel 1874 nell’allestimento della prima mostra degli “Impressionisti”, secondo la definizione derisoria affibbiata allora dalla stampa a Renoir, Monet, Degas, Cézanne, Pissarro, Sisley e Berthe Morisot. Nel corso delle otto esposizioni organizzate dal gruppo, più o meno al completo fino al 1886, la pittura impressionista si scontra in effetti con l’incomprensione, mitigata tuttavia dal sostegno di alcuni precoci e convinti ammiratori.
SALA 2 – Noi adoriamo le donne di Renoir (Marcel Proust)
Con questa dichiarazione, Marcel Proust pone l’accento su uno dei temi preferiti dal pittore e sottolinea come Renoir abbia rinnovato lo sguardo: “Ecco che il mondo (che non è stato creato una volta per tutte, ma si rinnova ogni volta che vede la luce un artista autentico) ci appare completamente diverso dal vecchio, ma assolutamente chiaro. Per la strada passeggiano donne diverse da quelle del passato, diverse perché sono opera di Renoir, lo stesso Renoir sulle cui tele un tempo ci rifiutavamo di vedere delle donne”.
In aperto contrasto con i canoni accademici, Renoir inventa un nuovo tipo femminile e contribuisce alla creazione del mito della Parigina moderna che affascina tanto i contemporanei. Renoir ridefinisce il “femminino”, come hanno auspicato i romanzieri naturalisti quali Zola e i sostenitori della “Nuova pittura”. Mentre raffigura la “donna francese vivente” celebrata dal critico e romanziere Edmond Duranty, Renoir crea un tipo fisico che gli è proprio, riconoscibile tra tutti, anche se si evolve nel corso del tempo.
SALA 3 – Il mestier del paesaggista (Pierre August Renoir)
Sebbene amasse proclamarsi prima di tutto “pittore di figure”, nel corso della propria carriera non trascurò certo il paesaggio Renoir e vi si dedicò in modo particolare negli anni settanta, ma anche nel corso dei viaggi successivi al 1880, quando – come in Algeria nel 1881 – scoprì luoghi, luci e vegetazione a lui ancora del tutto sconosciuti.
Per Renoir, il paesaggio va dipinto en plein air (anche se, come Monet, a volte gli capitava di terminare le tele in studio). Non abbandonò mai quello che chiamava il “corpo a corpo con la natura”. Non dichiarò forse: “Un pittore non può essere grande se non conosce il paesaggio”? E così, il paesaggio – a lungo trascurato dagli studiosi dell’opera di Renoir – era per il pittore un genere meritevole quanto gli altri: lo dimostra il fatto che non disdegnava esporre e vendere paesaggi, alcuni dei quali figurano tra le sue opere più affascinanti.
SALA 4 – La scopertta dell’infanzia
Renoir eseguì più di duemila ritratti in cui i bambini occupano un posto d’onore: alcuni sono opere su commissione, mentre altri sono ispirati ai suoi figli.
Grande ammiratore del Settecento, il pittore si riallaccia con alcuni ritratti infantili al percorso di Chardin, ma attinge anche molto a Velázquez. Questa ispirazione famigliare, unita allo sguardo attento, affettuoso e sensibile che l’artista rivolge al mondo dell’infanzia, in linea con il nuovo ruolo accordato alla fine dell’Ottocento a questa fase della vita di un individuo, corrisponde decisamente a una scelta di natura estetica.
I bambini, spesso i suoi figli o figli di amici, sono molto presenti nell’opera di Renoir. Queste dieci opere esposte fanno a gara con i ritratti femminili nel regalarci istantanee di volti infantili carichi di poesia: dal bellissimo pastello su carta Portrait de jeune fille brune, assise les mains croisées (1879), al dipinto Fernand Halphen enfant (1880) in un serioso ritratto abbigliato da marinaretto, dalla deliziosa Julie Manet (1887), a una tenera Maternité (1885), dal Ritratto del figlio Pierre (1885), come si diceva dalla collezione della GAM, ad un altro delicato pastello Portrait de petite fille coiffée d’une charlotte (1900 circa), al celeberrimo Le Clown (portrait de Coco) (1909), di cui lo stesso Claude, il figlio effigiato, ricorderà la tormentata genesi, dalla romantica Fillette au chapeau de paille (1908 circa) alla incantevole Geneviève Bernheim de Villers (1910).
SALA 5 – La fortunata ricerca della dimensione moderna
Charles Baudelaire incitava gli artisti a dipingere la vita dei propri contemporanei, a scegliere il presente invece del passato. “La modernità è transitoria, fuggevole, contingente”, affermava il poeta, facendo l’elogio della rapidità d’esecuzione, dell’impressione e dello schizzo.
Émile Zola incoraggiò coloro che prese a chiamare “attualisti”, primi fra i quali Renoir e Monet. L’imperativo della modernità si inscrisse così nel cuore delle ricerche impressioniste. Il pittore deve uscire dall’atelier e inventare “un’arte che abbracci la vita, la fiamma moderna, che palpiti dinanzi allo spettacolo della realtà e dell’esistenza contemporanea”, esortava il critico e romanziere Edmond Duranty in La Nouvelle Peinture, testo del 1876 che si può considerare un manifesto dell’Impressionismo. Per Renoir, l’attrattiva della modernità passava soprattutto per la rappresentazione di locali da ballo, cabaret popolari, caffè e serate eleganti, emblematici della vita parigina e dell’aprirsi di nuove possibilità di svago nel corso dell’Ottocento.
Giovani donne abbandonate ai piaceri della danza che, più che una movenza, “il pittore scolpisce in una luce secca e brillante gesti rapidamente plasmati, un arabesco intricati da cui sfuggono a momenti uno sguardo, un profilo femminile, un sorriso intriso di vertigine e contatti inattesi”
SALA 6 – A proposito delle ragazze al piano
Ragazze al piano è senza dubbio uno dei più celebri dipinti di Renoir. Il suo amico e poeta Mallarmé lo considerava una “tela definitiva, fresca e libera, un’opera della maturità”. L’identità delle modelle è ignota: a partire dagli anni novanta Renoir si appassiona alla raffigurazione di questi interni borghesi moderni in cui le fanciulle si abbandonano al piacere della musica o della lettura, dando forma a composizioni per certi versi idilliache e idealizzate a metà strada tra il ritratto e la scena di genere. Accanto ad esso è esposta un’altra splendida tela: Yvonne e Christine Lerolle al piano e un soggetto legato alla musica: il famoso ritratto di Richard Wagner, ritratto a Palermo nel corso di un memorabile incontro tra Renoir e il compositore tedesco.
SALA 7 – “Bello come un dipinto di fiori” (Pierre August Renoir)
E’ una piccola sezione di opere straordinarie: i bouquet di Renoir sono magistrali nella tecnica e nei colori, è uno dei temi dove l’artista sperimenta maggiormente. “Quando dipingo fiori – dichiarava – sperimento audacemente tonalità e valori senza preoccuparmi di rovinare l’intera tela; non oserei fare lo stesso con una figura”. La varietà di sfumature nei colori è davvero impressionante: Renoir gioca con la tavolozza, con pennellate morbide e delicate, evocando i profumi dei fiori che a loro volta rimandano a sensazioni e ricordi.
Renoir non dà alla natura morta la stessa rilevanza che le attribuiscono Manet, Cézanne o Monet, e nell’ambito di questo genere si interessa soprattutto alla pittura di fiori. Questi ultimi appaiono di rado nei lavori degli esordi, ma nel tempo diventano per il pittore una fonte di ispirazione sempre più frequente, soprattutto a partire dagli anni ottanta, quando queste composizioni dalle tonalità delicate cominciano ad essere apprezzate dai collezionisti. Alcune di esse risentono inoltre dell’influenza di Cézanne, col quale Renoir lavora fianco a fianco in quattro momenti negli anni ottanta. “Dipingere fiori mi riposa il cervello. Non ci metto la stessa tensione che ho quando sto di fronte a un modello”.
SALA 8 – ” Il nudo una delle forme indipensabili dell’arte” (Pierre August Renoir)
Renoir affronta il nudo fin dall’inizio della sua carriera e in maniera più occasionale nel decennio successivo. Dopo essersi orientato all’esempio di Ingres, l’artista ritorna a questa “forma indispensabile dell’arte”, per non abbandonarla più. In questo periodo inserisce i suoi nudi femminili in un contesto atemporale, nel desiderio di misurarsi con i maestri del passato per i quali nutre ammirazione: Raffaello, Tiziano o Rubens. Per far ciò, approfondisce in maniera regolare e ostinata un numero limitato di temi: bagnanti, nudi nell’atelier, scene di toilette… Come egli stesso afferma, in effetti, “la donna nuda sorgerà dall’onda amara o dal suo letto, si chiamerà Venere o Nini, mai si inventerà cosa migliore”.
Per Renoir, il nudo è anche un mezzo per “sfuggire al motivo, evitare di essere letterario e per questo scegliere qualcosa che tutti conoscono; ancora meglio, totalmente senza storia”. Esso rappresenta, in maniera evidente, anche l’espressione più immediata di una pittura che l’artista vuole sensuale e colorata.”Ogni donna che allatta è una Madonna di Raffaello” (Renoir). Rappresentare la bellezza, sorprendere con luce e colore, ritrarre la vita della propria epoca con un delicato realismo, sono elementi chiave della filosofia pittorica di Renoir. Il lirismo, il senso plastico di Renoir ha trasfigurato queste figure nude. Sono diventate forme e colori. Questa è la magia dell’arte.
SALA 9 – Il testamento delle bagnanti
Sfidando la malattia, Renoir dipinge le Bagnanti nell’arco dei suoi ultimi mesi di vita nella tenuta di Les Collettes a Cagnes, in Provenza. Il dipinto mette in scena un tema tradizionale e particolarmente caro all’artista, poiché gli permette di trattare il nudo en plein air. Secondo quanto riportato dal figlio Jean, Renoir considerava questo suo ultimo nudo monumentale un “traguardo” e “un buon trampolino per le ricerche future”.
Egli raffigura delle bagnanti sensuali e fuori dal tempo immerse in un Eden bagnato dalla luce. Renoir ha la convinzione profonda che la pittura sia “fatta per abbellire”, come dice a Bonnard.
All’ultimo fondamentale capolavoro di Renoir, Le bagnanti (1918-1919) è dedicata la “chiusura” della mostra. Il quadro è emblematico delle ricerche effettuate dall’artista alla fine della sua vita. Qui si celebra una natura senza tempo, da cui ogni riferimento al contemporaneo è bandito. Le Bagnanti sono da considerarsi il testamento pittorico di Renoir.
Una vita intera dedita alla ricerca dell’eterna bellezza, durata fino all’ultimo giorno di vita quando ormai il corpo devastato e le ossa deformate dall’artrite reumatoide lo inchiodarono alla sedia. Lui, il cavalletto e le sue veneri sognanti in una quiete atemporale. Si fece legare i pennelli alle dita rattrappite e perseguì l’ideale fino all’ultimo respiro. “Sto ancora facendo progressi” pronunciò la sera prima di morire. “Forse adesso incomincio a capire qualcosa”. Dopo neppure due mesi muore anche Modigliani, che Renoir riceveva spesso nel suo studio. Il mondo dell’arte perde così due straordinari interpreti.
La mostra chiude con Il mondo di Renoir, dove saranno esposti gli strumenti di lavoro dell’artista: tavolozza, scatola di colori, pennelli, inseparabili attrezzi del grande maestro.
Link: http://www.mostrarenoir.it/
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