Katarte / Le visioni della città moderna di Fernand Léger
Fernand Léger. La città, 1919, (part.)
Biglietti non disponibili
dall’8 febbraio al 2 giugno 2014
Il pittore francese Fernand Léger (1881-1955), alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, così commentava i drastici cambiamenti che la seconda rivoluzione industriale stava apportando in tutti gli ambiti della quotidianità, o per meglio dire del vivere moderno, stava trasformando i canoni dell’arte e i suoi dogmi.“Se l’espressione pittorica è cambiata, è perché la vita moderna l’ha richiesto…. La vista dal finestrino della carrozza ferroviaria e dell’automobile, unita alla velocità, ha alterato l’aspetto abituale delle cose. Un uomo moderno registra cento volte più impressioni sensoriali rispetto a un artista del diciottesimo secolo…. La compressione del quadro moderno, la sua varietà, la sua scomposizione delle forme, sono il risultato di tutto questo”.
Il giovane Fernand inizia gli studi come architetto e ritoccatore fotografico e fallisce l’esame di ammissione alla École des Beaux-Arts nel 1903. Ha studiato presso l’Ecole des Arts Décoratifs e all’Académie Julian. Nel 1909 si è classificato come uno dei tre pittori cubisti e divendo un membro del gruppo di Puteaux nel 1911. Fu il primo dei cubisti a sperimentare l’astrazione non-figurativa ma rinuncia presto all’astrazione durante la guerra, quando egli afferma di aver scoperto la bellezza degli oggetti comuni, che ha descritto come “immagini poetiche di tutti i giorni”. Dipinge con uno stile pulito e preciso, in cui gli oggetti sono definiti con colori vivaci, prendendo ispirazione dal paesaggio urbano e da pezzi di macchine abbandonate.
Una imponente mostra con al centro il proposito della rappresentazione della città contemporanea.Si tratta della prima grande esposizione sull’opera del pittore francese che si tiene in Italia, Il percorso è diviso in cinque sezioni: La metropoli prima della Grande Guerra, Il pittore della città, La Pubblicità, Lo Spettacolo, Lo Spazio.
I suoi capolavori dialogheranno nel percorso espositivo con preziose opere di altrettanto famosissimi artisti di quel periodo, amici o compagni di sperimentazione, tra cui Duchamp, Picabia, Robert Delaunay, El Lissitzky, Mondrian, Le Corbusier, tutti autori che come Léger hanno contribuito a promuovere la nuova idea della rappresentazione urbana, dal cubismo al futurismo, dal costruttivismo al neoplasticismo di De Stjil.
“La Ville”, il focus della mostra, eseguito nel 1919 al suo ritorno a Parigi, è un dipinto di grandi dimensioni, che influenzerà la sperimentazione cubo-futurista della sua generazione, diventando un vero e proprio manifesto della pittura che investiga sul concetto di città moderna. I suoi abitanti, uomini meccanici, quasi robot, con le frenetiche attività, architetture confuse di mosaici cubo-futuristi, armoniosamente inseriti nel dinamismo della “macchina urbana”. Accanto a questo straordinario dipinto, una serie di capolavori provenienti da collezioni pubbliche e private europee e statunitensi, permetteranno al fruitore non solo di scandagliare il nesso tra Léger e i maestri di quella strepitosa stagione dell’avanguardia, ma anche di confrontare la sua vis artistica con numerosi rivoluzionari progetti, riconducibili ancora al soggetto della città moderna, come le sue creazioni scenografiche per il teatro, il cinema e il design per la grafica pubblicitaria.
La quantità e varietà delle opere e dei progetti esposti – dal suo primissimo paesaggio urbano “Fumo sui tetti” del 1911, alle cosiddette pitture murali realizzate tra il 1924 e il 1926; dai costumi e dalle coreografie per i “Balletti svedesi” a opere famosissime come “Il Tipografo” (1919), “Uomo con un bastone” (1920) o “Elemento meccanico” (1925); dal poster per “La Strada” al leggendario cortometraggio “Balletto meccanico” (1924) o al film di Marcel L’Herbier “L’inumano”, alle cui scenografie egli collaborò – permetteranno di valutare gli esiti artistici del primo ventennio del ‘900. L’opera di Fernand Léger precorre i tempi sia per la sua valenza multidisciplinare, sia per l’impeto di innovare le forme dell’arte pittorica, essendo conforme alle future pretese del vissuto urbano, parallelo con quel sintomo brulicante che dagli anni ’50 verrà rubricato come comunicazione di massa.
Le sue grandi tele che celebrano il popolo, con acrobati, ciclisti e costruttori, fittamente contornato e dipinto con colori piatti, riflettono il suo interesse politico per la classe operaia, e il suo tentativo di creare l’arte accessibile a tutti.
Link: mostraleger.it
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