Katarte / L’incanto dell’Affresco. Capolavori strappati da Pompei a Giotto
Melozzo da Forlì. Gruppo di angioletti, 1480 ca.
Biglietti non disponibili
Dal 16 Febbraio al 15 Giugno 2014
Tuffarsi nel meraviglioso mondo della storia dell’arte insieme ai suoi personaggi noti e meno noti, è l’occasione irripetibile che ci offre una città che è oramai da secoli un polo di eccellenza per ciò che riguarda l’arte e la conservazione della decorazione muraria. La mostra “L’ incanto dell’affresco” di Ravenna è un avvenimento unico per ammirare le pitture più belle che sono state conservate in Italia. Le prime operazioni di distacco, secondo una tecnica che prevedeva la rimozione delle opere insieme a tutto l’intonaco e il muro che le ospitava, risalgono ai tempi di Vitruvio e di Plinio. Il cosiddetto “massello”, che favorì il trasporto a Roma di dipinti provenienti dalle terre conquistate, dopo secoli di oblio trovò nuova fortuna a partire dal Rinascimento, favorendo la conservazione ai posteri.
Una tecnica, quella del “massello” complessa e onerosa che piano piano fu sostituita dalla più rivoluzionaria e pratica tecnica dello strappo, prassi che tramite uno speciale collante permetteva di strappare gli affreschi e quindi posizionarli sulla tela. Un totale sconvolgimento nel campo del restauro, della conservazione, ma anche del collezionismo del patrimonio murale italiano. Così mentre dalle riscoperte Ercolano e Pompei si trasportavano su nuovo supporto le più belle pitture murali dell’antichità, nel resto d’Italia si diffondeva la moda dello strappo. Da quel momento in poi e fino a tutto il XIX secolo un numero cospicuo di capolavori della pittura italiana furono strappati con lo scopo di lasciare ai posteri porzioni di affreschi che altrimenti sarebbero andati perduti.
Così, in un arco temporale compreso fra il XVI e il XVIII secolo, vennero traslate la Maddalena piangente di Ercole de Roberti della Pinacoteca Nazionale di Bologna, Il gruppo di angioletti di Melozzo da Forlì dei Musei Vaticani, La Madonna della Mani del Pinturicchio: opere queste presenti in mostra assieme a quelle di altri grandi maestri come Andrea del Castagno, Bramante, Bernardino Luini, Garofalo, Girolamo Romanino, Correggio, Moretto, Giulio Romano, Niccolò dell’Abate, Pellegrino Tibaldi, Veronese, Ludovico e Annibale Carracci, Guido Reni, Domenichino, Guercino e i meno famosi Antonio Contri, Giacomo e Pellegrino Succi, Antonio Boccolari, Filippo Balbi, Stefano Barezzi, Giovanni Rizzoli, Giovanni Secco Suardo, Giuseppe Steffanoni.
A partire dal secondo dopoguerra, quando il protocollo estrattista conoscerà la sua più fortunata stagione, furono strappati e staccati un numero sconcertante di affreschi. I danni provocati ad alcuni fra i principali monumenti pittorici italiani dai bombardamenti bellici, la convinzione che l’unica strada da percorrere per evitare che in futuro potessero reiterarsi danni irreparabili come quelli al Mantegna a Padova, Tiepolo a Vicenza, Buffalmacco e Benozzo Gozzoli a Pisa, fecero si che a partire dagli anni Cinquanta fosse avviata la più imponente campagna di strappi e stacchi che l’Italia abbia mai conosciuto.
Prese quindi avvio la cosiddetta “stagione degli stacchi” e della “caccia alle sinopie”, i disegni preparatori che i maestri tre-quattrocenteschi avevano lasciato a modo di traccia sotto gli intonaci. Se nell’Ottocento era il collezionismo privato a favorire il trasporto degli affreschi, ora erano gli storici dell’arte e i musei della rinata Nazione a chiedere la diffusione su più ampia scala della tecnica estrattista. I primi erano interessati a studiare le opere grafiche, cioè le sinopie, gli altri a poter disporre di capolavori dell’arte italiana rendendoli facilmente fruibili a tutti.
L’alluvione di Firenze fece il resto, mostrando al mondo intero la caducità che condizionava la vita dei più straordinari affreschi italiani. Così, per sfuggire a morte certa, lasciarono per sempre il muro che li aveva custoditi da secoli Giotto, Buffalmacco, Altichiero, Vitale da Bologna, Pisanello, Signorelli, Perugino, Pontormo, Tiepolo trovando collocazione in alcuni fra i più importanti musei della nazione e ora, per quattro mesi, nelle sale del Mar di Ravenna.
La scrupolosa selezione di 110 opere si divide in sei sezioni, ordinate secondo un indirizzo storico-cronologico: dai primi masselli cinque- seicenteschi, ai trasporti settecenteschi, compresi quelli provenienti da Pompei ed Ercolano, agli strappi ottocenteschi, fino alle sinopie staccate negli anni Settanta del Novecento. La mostra, curata da Claudio Spadoni e da Luca Ciancabilla, posta Sotto l’Alto Patronato della Repubblica Italiana, è stata realizzata grazie al fondamentale sostegno della Fondazione della Cassa di Risparmio di Ravenna.
Link: mar.ra.it
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